Luis Bacalov

Luis Bacalov è uno dei pochi grandi compositori, musicisti e direttori d’orchestra in grado di attraversare con disinvoltura sponde diverse della musica: dal pop più elegante o leggero, alle canzoni per bambini, alla musica sacra,  alle composizioni da film per i maggiori registi italiani ed internazionali, fino al coronamento di  un talento riconosciuto universalmente, quando nel 1996, a Los Angeles,  riceve l’Oscar dalle mani di Sharon Stone. Ma fino ad allora e ancora oggi, come per tutti i grandi artisti, la certezza e il riconoscimento del successo non sono mai stati, per lui, luoghi nei quali sostare troppo a lungo e la ricerca costante l’ha ricondotto, qualche volta,  al punto partenza:  pur avendo scelto l’Italia come suo Paese elettivo oramai da qualche decennio,  Bacalov è nato in Argentina e, da argentino, non può non sentire il ritmo e la suggestione del tango. Così nasce  un lavoro come “Tango e dintorni”, per esempio,   dichiarazione d’amore alla sua terra e alla musica che meglio la stigmatizza e al suo profeta in patria, Carlos Gardel, ed il progetto “Xena Tango”, realizzato insieme a Roberta Alloisio e Walter Rìos, che vuole raccontare e sottolineare il contributo fondamentale che i genovesi e Genova hanno dato alla nascita del Tango .
Ma la musica, per Bacalov, è, sì, lavoro quotidiano, ma anche curiosità e  gioco. Non sorprenda, quindi, se di tanto in tanto dà sfogo alla sua anima più infantile e si riscopre affascinato dal mondo dei più piccoli, come aveva già fatto in passato scrivendo canzoni per bambini  con Sergio Endrigo, Sergio Bardotti e i grandi maestri della musica brasiliana.         
Così, nel progetto editoriale “Il mondo di Alina” (libro e cd di Marina Rivera, testi di Janna Carioli), Luis Bacalov torna a comporre per i più piccoli. E se il gusto per le note va educato dalla nascita, non c’è Maestro migliore per farsi accompagnare in questa educazione musicale.
Questa è l’intervista fatta da Ida Guglielmotti al Maestro Bacalov sul progetto “Tango & Dintorni”:
Domanda: Maestro, Carlos Gardel è uno dei grandi personaggi della musica  che si è meritato pubblicazioni, libri e film come pochi altri. Ma qual è stata la sua vera grandezza e perché oggi il suo nome sopravvive al tempo e alle mode?
Bacalov: Per più di un motivo: innanzitutto perché per primo aveva colto nel tango la possibilità di essere cantato e non solo ha realizzato questa potenzialità, ma l’ha fatto meglio di tutti. Era un cantante, ma anche un compositore, uno dei più importanti, se non il più importante, della sua epoca e questo ha contribuito a dargli un successo enorme, che l’ha portato ben oltre i confini dell’Argentina e dell’America Latina. Ed era dotato di una voce unica, una delle poche veramente grandi nella storia del canto, insieme a quella di Pavarotti e della Callas, per l’opera e a quella di Frank Sinatra per le canzoni ed i musical. Sono, queste, tutte voci eccezionali, con un timbro immediatamente riconoscibile e dotate di unicità, ma a livelli altissimi. La voce di Gardel è stata una di queste.
D: E’ stato più grande come compositore o come esecutore?
B: E’ difficile dirlo. La cosa certa è che la sua musica, è ancora oggi presente e continua ad essere fonte di ispirazione e oggetto di nuove versioni, come si evince anche dalle elaborazioni per pianoforte solo che ne ho fatto io in questo disco. A mantenere viva la sua voce c’è una ricca discografia, con le incisioni di tanti suoi pezzi che ancora si sentono in giro. A questo proposito, mi viene in mente un aneddoto che Borges riportava nella prefazione di un libro sul tango: raccontava che, negli anni ottanta, gli era capitato, un giorno, di salire su un taxi che aveva la radio accesa e sintonizzata su un tango di Gardel. Il tassista, allora, condividendo con Borges il piacere di quella canzone, aveva commentato: “Vede, dottore, Carlitos canta ogni giorno meglio”, ignorando completamente che stava parlando di un uomo morto cinquant’anni prima. E’, quella attribuita al tassista, una battuta talmente “borgesiana”, che io sospetto se la sia inventata lui e l’abbia pretestuosamente messa in bocca ad un altro. Ma, comunque siano andate le cose, si tratta di un racconto significativo, perché vuol dire che, oltre la morte, oltre il tempo e lo spazio, Carlos Gardel è ancora vivo.   
D: Gardel è stato colui che ha dato la parola al tango, operando una vera e propria svolta nell’evoluzione di questo genere. Questo potrebbe aver avvicinato il tango al gusto popolare, più di quanto non fosse avvenuto in precedenza?
B: A questo punto dobbiamo fare una piccola cronistoria e dire cosa era il tango prima di Gardel. I primi tanghi, nati in Argentina e in Uruguay alla fine dell’800, erano pezzi allegri, divertenti, direi picareschi. La struttura ritmica aveva come base l’habanera ma suonata più veloce ,e successivamente quella che oggi viene chiamata milonga, intesa non come luogo dove si balla, ma come genere musicale. Poi arriva “il cantante” e tutto ciò che era allegro e spensierato, diventa di colpo triste, malinconico, i testi narrano tragedie, amori finiti nel sangue, gente rinchiusa nelle patrie galere, ma anche canzoni romantiche ( ci sono stati autori che hanno scritto poesie bellissime per il tango)… Bisognerebbe individuare da un punto di vista sociologico perché questo è accaduto, quando si è verificato questo repentino cambiamento di rotta per cui la leggerezza di prima si trasforma in pesantezza, malinconia, lacrime e tragedia. Non so quanto sia credibile l’idea di Borges che fossero stati gli emigranti italiani ad imprimere questa svolta nelle canzoni: quelli che si cimentavano col tango, secondo lo scrittore argentino, l’avevano caricato di sentimenti tristi, legati alla nostalgia per la patria e per gli affetti lontani. Può darsi che in parte sia così,  ma credo che questa ipotesi sia poco aderente anche ai dati storici: le prime ondate migratorie arrivarono in Argentina intorno al 1870- 1880, mentre questa svolta nel tango cantato si realizza più di cinquant’anni dopo. Io cercherei qualche ragione, invece, anche nelle vicende degli ebrei o degli spagnoli nei primi decenni del ‘900, Ma, chiunque fosse responsabile di questo cambiamento di umore musicale, di sicuro era mutata la struttura della società e questo si rifletteva inevitabilmente anche nella musica e nelle parole del tango. Che è un genere, però, che ha continuato a cambiare nel tempo, sono arrivate le grandi orchestre, altri  arrangiamenti. E poi c’è stato Piazzolla. Oggi ci sono nuovi compositori, quelli cosiddetti “colti”  che scrivono musica da camera e pezzi sinfonici che traggono fonte d’ispirazione nel tango tradizionale.
D: Gardel si è avvicinato al tango relativamente tardi, intorno ai 27 anni, considerando che aveva cominciato la carriera da giovanissimo. Anche lei ha cominciato a frequentare il tango quando era già adulto e il suo “eclettismo” si era espresso già in tante declinazioni: musica leggera, progressive rock, musica per il cinema… Si ricorda la sua personale scoperta del tango e di Gardel?
B: Mi ricordo perfettamente. Da  bambino e da ragazzo ho fatto studi accademici,  anche se, come tutti i giovani,  avevo molte curiosità, nella musica come in altri campi. A Buenos Aires ero spesso in giro con mio cugino Lalo Schifrin,  appassionato di jazz e con un altro mio grande amico,  pianista jazz, Enrique Villegas, detto El Mono, un uomo non proprio bellissimo, ma che aveva un successo straordinario con le donne. Tutti e tre frequentavamo molto i locali notturni per  sentire ogni genere di musica. Una volta Villegas, che è stato davvero il mio “Virgilio” nelle notti di Buenos Aires, mi porta a sentire l’orchestra di Horacio Salgan  e io sono rimasto a bocca aperta di fronte alla bellezza delle sue esecuzioni, anche se ero lontano  da quel mondo musicale. All’epoca, infatti, ero impegnato a costruirmi una carriera come pianista classico, anche se, cercando di affrancarmi dalla famiglia sotto l’aspetto economico, spesso suonavo il piano nei locali notturni. A quei tempi, nelle sale da ballo di Buenos Aires c’erano sempre due orchestre: una suonava tanghi, l’altra quella che chiamavamo musica tropicale, che arrivava da Cuba e dal Brasile. Io suonavo questo tipo di musica ed ero interessato solo marginalmente al tango e a tutto quello che gli ruotava intorno. Poi ho lasciato l’Argentina per la Colombia, prima,  sono stato a Parigi e finalmente sono arrivato in Italia. E, una volta qui, per molto tempo ho praticamente abbandonato il pianoforte e suonavo molto poco, perché avevo scelto di dedicarmi principalmente alla composizione di musiche per il cinema. Ma poi è successa una cosa: una sera, ed ero già intorno ai 45 anni, vado ad una festa con amici argentini e, come spesso succede alle feste, eravamo tutti un po’ brilli. Ad un certo punto qualcuno ha cominciato a cantare dei tanghi. Devo precisare che raramente io ricordo i testi delle canzoni o delle opere, mentre ricordo benissimo la musica . Bene, in quella serata con gli amici, quando hanno cominciato ad intonare dei tanghi, io mi sono unito al coro, scoprendo di conoscere  le parole di alcune di quelle canzoni. Questo mi ha fatto riflettere e sono arrivato alla conclusione che, fin da ragazzino e in maniera inconsapevole, io avevo introiettato il tango.  Attraverso la radio e sicuramente attraverso mio padre. Mio padre era molto intonato e gli piaceva cantare e mi ricordo che, quando la sera tornava a casa, accendeva la radio e accompagnava con la sua la voce dei cantanti. Evidentemente e senza accorgermene io ho imparato una cosa che non sapevo di aver imparato e questa cosa si chiama tango. Cose che possono accadere nell’animo umano ed è certamente quello che è accaduto nel mio. Una volta scoperto che il tango era dentro di me, ho voluto capire un po’ di più e ho cominciato ad ascoltare dischi, a leggere partiture, a conoscere e distinguere i diversi stili, finché non mi sono sentito pronto a comporre alcuni tanghi. Poche canzoni, quasi sempre legate a film ( una l’ha cantata Milva, per il film” Anni Ribelli di Rosalia Polizzi) e più in generale musica strumentale, sia per il cinema che per le sale da concerto. Fino a che, dal punto di vista compositivo, questa è diventata la linea dominante in quello che ho scritto successivamente, dai 60 anni in poi. E anche se ho scritto molte cose per  orchestre sinfoniche o per musica da camera, queste erano minoritarie rispetto al corpus centrale di altre mie composizioni, in cui mi nutrivo letteralmente, perché per me era diventato alimento principale, di tango tradizionale, pur nelle varie riscritture e rielaborazioni che le mie capacità mi hanno consentito. Da un certo punto in poi, quindi, ho composto  musica in cui le radici del tango sono fortemente presenti e senza quelle radici io non avrei   potuto scrivere tutto quello che è venuto dopo la mia scoperta di quella musica.
D: Maestro, riscrivere ed interpretare le canzoni di Gardel, scegliendone solo alcune da inserire in questo disco da un repertorio vastissimo, non dev’essere stata impresa semplice. Quale criterio ha seguito nella scelta e qual è stata la chiave in cui le ha rielaborate?
B: La quantità di canzoni che Gardel ha scritto e cantato è davvero impressionante, parliamo di molte centinaia di pezzi , un elenco interminabile. Quindi, per scegliere le canzoni di questo disco ho cercato prima di tutto nella mia memoria, individuando quelle che mi piacevano di più. Per il resto ho studiato, fatto ricerche e, nel repertorio di Gardel, ho scelto anche qualcosa che esulasse dal tango: ci sono, per esempio, un paio di valzer ed una samba argentina. La samba argentina è diversa da quella brasiliana, tanto che si definisce anche in altro modo: in Brasile è samba, in Argentina è zamba. Per quanto riguarda la rielaborazione, diciamo che mi sono concesso molta libertà, ma avendo presente un riferimento preciso. Ed il mio riferimento è stato Liszt, anche se, rispetto al grande compositore ungherese, ho cercato di limitare i virtuosismi. E in questo CD ci sono alcuni pezzi che io suono abitualmente nei concerti.
D: Nel disco ci sono anche alcune sue composizioni  originali: un dichiarato omaggio a Gardel (Ricercare Baires 1) e altre due che col cantante e compositore argentino non hanno niente a che vedere. Anche per queste ha seguito le stesse modalità di riscrittura?
B: Sì. Oltre a “Ricercare Baires 1”, ci sono due pezzi che ho composto per altrettanti film: uno è “Il Postino” , che chiude il disco e “Seduction”, che ho scritto per Assassination Tango, il film del 2002 diretto da Robert Duvall. Sia per il Postino che per Seduction, le partiture originali sono state scritte per orchestra. Ma, soprattutto dopo l’Oscar, hanno cominciato a chiedermi di suonare questi pezzi anche nei recital di pianoforte e quindi ne ho realizzato le trasposizioni per pianoforte che oggi eseguo abitualmente. La novità sta nel fatto che è la prima volta che vengono incise su disco in questa versione per pianoforte solo.
D: Come si fa a restituire un suono complesso e corposo come quello che ha un’intera orchestra con il solo pianoforte? Soprattutto quando si tratta una materia come il tango, che si serve di strumenti molto “presenti” come il bandoneon, i violini…
B:  Il pianoforte è uno strumento estremamente duttile, pieno di risorse. Penso al piano come a una piccola orchestra, capace di produrre suoni poderosi, corposi, addirittura violenti, accanto ad altri più delicati, quasi aerei. Il pianoforte, soprattutto quello moderno, ha una gamma vastissima di sonorità e io ho usato tutte le possibilità che lo strumento mi offriva.
D: Ma il tango ha oggi ancora qualcosa di nuovo da raccontare? E lei, dopo anni di frequentazione assidua, ne scopre ancora degli aspetti inediti?
B: Nella parola tango sono inglobati 120 anni di musiche che ha, quindi, attraversato periodi storici e  ai cambiamenti che si sono via via verificati. Bisogna ricordarsi che il tango è musica urbana e come tale ha subito evoluzioni e trasformazioni, al contrario delle musiche popolari  contadine, che, invece, si sono cristallizzate e sono rimaste pressoché inalterate nel tempo. Il tango ha vissuto tante stagioni diverse  e penso che abbia delle grandi possibilità di ulteriori evoluzioni. Pensiamo solo a come ha forgiato la materia tango un grande musicista come Astor Piazzolla che, concentrato su un unico genere musicale, ne ha sperimentato tante strade inesplorate .  Oggi  ci sono dei compositori  giovani,  che hanno il coraggio della sperimentazione. Penso a Tomas Gubitsch, per esempio, o a Juanjo Mosalini junior che vivono a Parigi e scrivono delle cose  interessantissime, partendo sempre da radici popolari che loro rielaborano in maniera molto intelligente. Stranamente, in Argentina il tango poche volte ha interessato  compositori cosidetti “colti” al contrario di quanto è stato fatto con le musiche contadine. Probabilmente perché esisteva già una tradizione consolidata in questo senso, se pensiamo che i più grandi compositori classici, già a partire dall’800, hanno lavorato costantemente su musiche popolari: parlo di musicisti come Brahms, Rimsky- Korsakov, Stravinskij,  Bela Bartok, De Falla,  Ravel.