NINO ROTA

CORO DI VOCI BIANCHE DELL’ARCUM DIRETTO DA PAOLO LUCCI – “NINO ROTA”

In più d’una circostanza critici ed estimatori dell’opera di Nino Rota (Milano 1911 - Roma 1979) hanno fatto ricorso all’immagine del candore per cogliere l’intima natura del musicista, la sua più genuina vocazione d’artista e l’insieme composito della sua produzione destinata al teatro, al cinema e alla televisione, alla sala da concerto, alla chiesa, alla scuola. Giacché non si avvertono cesure né tanto meno mutamenti stilistici rilevanti nel transito attraverso i generi della musica d’arte, così come nel lungo corso della sua esperienza nel campo della musica applicata alle immagini: Rota è sempre Rota, inconfondibile, riconoscibile e accattivante.
Nel quarantennale della scomparsa di Rota, questo CD raccoglie i frutti dell’assidua frequentazione tra Paolo Lucci e il compositore nel periodo 1972-79 ed è interamente dedicato alle sue musiche vocali (ad esclusione del teatro, delle liriche da camera e dei lavori per coro di voci miste), tutte allacciate da quel minimo comun denominatore, la voce bianca per l’appunto, che pare incarnare in maniera esemplare l’immagine del candore poc’anzi invocata. Si intende dire che la voce bianca, la voce dei bambini, esprime al meglio quella speciale vena lirico-melodica che pervade l’intero corpus delle opere rotiane, anche laddove non compaiono indicazioni effettive a tal riguardo. Molti dei brani qui incolonnati sono destinati ad una voce sola, senza generi e senza attributi di sorta: una voce che possa rendere al meglio i contenuti, l’intenzione e la destinazione effettivi di ciò che si canta; una sorta di cantare spoglio, senza orpelli e senza ambizioni, che si dia soltanto come canto puro e semplice, appartenente a quel flusso ininterrotto che contraddistingue da secoli la storia musicale del nostro Occidente. Cantare l’infanzia diviene così una sorta di motto cifrato, segreto, una destinazione non esibita e talvolta forse neanche consapevole, eppure un approdo felice, adeguato per tante di quelle pagine inedite che con generosità il Maestro si applicava a licenziare senza indugio, ogniqualvolta gli si chiedeva di farlo.
È possibile individuare due filoni principali ai quali assegnare rispettivamente i ventitré brani qui disposti in rigorosa successione cronologica allo scopo di ripercorrere buona parte della parabola creativa di Rota: l’ambito liturgico, vale a dire quello dei canti da intonare nel corso delle funzioni religiose, brani semplici, dimessi, perlopiù di facile intonazione, con testo latino o italiano, composti con buona probabilità su commissione negli anni adiacenti al Concilio Vaticano Secondo, cruciali ai fini della ridefinizione della pratica musicale all’interno della liturgia; l’altro ambito, quello più pretenzioso e con destinazione assegnata in partitura, delle musiche da concerto (ci si riferisce perlopiù ai grandi e piccoli oratori del catalogo rotiano), e delle musiche per il teatro (musiche di scena e opera).”