
Sul “Alias”, supplemento culturale del “Manifesto”, in edicola il 17 giugno, Luca Pakarov recensisce “Freak Out”, il libro scritto da Daniela Amenta, con le interviste di Ida Guglielmotti, pubblicato da Compagnia Nuove Indye:
“Ce l’aveva detto nella sua ultima intervista che era sempre stato visto come un outsider, qualcuno da cui diffidare, ma che i suoi lavori meritavano una riflessione più approfondita. Riascoltare Roberto Freak Antoni, in molti genera il disagio di chi comprende di non aver capito. Gli ultimi dischi, i primi, gli Skiantos, ci parlano sempre. Una prerogativa data solo all’artista che supera la storia. Oltre i limiti del conformismo e della banalità. Dadaista, avanguardista, futurista, ma soprattutto ostile al buon senso. Intelligente e educato, autentico e integro, totalmente. Come nell’ultima chiacchierata al telefono fatta prima di ricoverarsi, partiva da una qualsiasi banalità – in quell’occasione mi parlò della difficoltà di lavarsi i capelli – per arrivare ad aneddoti sofisticati, come un eterno saggio che continua a scoprire la vita. Paradossale, ma nemmeno troppo in un paese che ha la forma di una scarpa, che l’establishment culturale con cui era sempre stato in rotta si è accorto di lui solo quando è diventato post. Il festival di Sanremo gli dedicò nel 2013 ben 30 secondi dopo che Morandi l’aveva scartato l’anno prima perché troppo di nicchia, oltretutto la canzone, scritta con Alessandra Mostacci (amorevolmente soprannominata Mostachova) era notevole. Freak aveva risposto a suo modo, con un’altra canzone, Porto Dio, cantata come una bestemmia.
In Freak Out (Compagnia Nuove Indye), il libro di Daniela Amenta appena uscito, l’autrice è riuscita nell’ardua impresa di riunire gli innumerevoli volti di un artista onnivoro e di tracciare un profilo umano e artistico, partendo dai suoi testi, dalle interviste e dai ricordi di chi l’ha conosciuto. Un lavoro immenso vista la mole di documenti che circolano, raccolto in capitoli che sono i temi principali della poetica / rivolta di Freak: la politica, il sesso, la droga, la malattia e l’amore per i Beatles. L’accento cade su una sensibilità estremamente ricettiva ma che amplifica aspetti meno in vista, come la malinconia: “Solo a rileggere oggi – scrive l’autrice – i testi di Freak Antoni se ne intuisce la complessità: un uomo attraversato da dubbi, visioni, lirismo, suoni e un’insaziabile curiosità, un artista mercuriale, iconoclasta più di ogni altro punk sulla terra ma armato di una dose di poesia, di malinconia e di pessimismo della ragione capaci di trasformare anche il cinismo in un’operazione rivoluzionaria”. Continua a leggere su Alias a pag. 14